In
questo numero
Dicembre 2001 - n.8
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...E
pace in terra agli uomini di buona volontà...
Al momento di andare in stampa, lAfghanistan è continuamente bombardato dalle truppe USA, coadiuvate da diversi paesi europei, Italia compresa. Ci è difficile, molto difficile,scrivere queste righe di auguri natalizi...migliaia di bambini muoiono di fame, centinaia di persone sono vittime di una guerra che, inevitabilmente, sta estendendosi ben al di là dei colpevoli del tremendo attentato dell11 Settembre. Eppure...eppure forse da questo tremendo panorama possiamo far nascere, insieme a Colui che nascerà la Notte Santa, una luce, una speranza, affinchè la pace non rimanga sulla carta, ma diventi parola viva, diventi impegno di tutti: abbiamo scelto, in questo numero, di parlarvi di accoglienza del diverso, della realtà degli emigrati, di globalizzazione dei diritti. E il nostro modo per dire no alla guerra, un invito a costruire la pace nella realtà di tutti i giorni, nella solidarietà con chi, a prima vista, può apparirci lontano. Il nostro modo per farvi gli auguri di un Natale vero, perchè la pace nel lontano Afghanistan dipende anche dai piccoli gesti di ognuno di noi. Mai più di oggi: pace agli uomini di buona volontà.
Auguri davvero di cuore dalla Redazione
I
nostri difficili auguri per un Natale diverso dagli altri
"SE
VOI AMATE QUELLI CHE VI AMANO
..
E SE SALUTATE I FRATELLI VOSTRI SOLTANTO"(Luca, 5)
Dopo
i tragici fatti di violenza dell11 Settembre 2001, unanime si è
levata la condanna dellintegralismo e del terrorismo. Si è sottolineato
anche che il terrorismo non può essere combattuto con una guerra di
reazione e di vendetta.
Purtroppo
la guerra, definita come operazione di polizia, ma sempre guerra con bombardamenti
aerei e lancio di missili che non solo colpiscono gli obiettivi e i centri
del terrorismo ma anche il miserabile popolo afgano, è scoppiata.
Noi cristiano-cattolici
e credenti di altre religioni, siamo sollecitati a pregare per la pace basata
sulla giustizia e sul rispetto dei diritti di ogni uomo.
La preghiera,
però, se non sale da un cuore puro, è inascoltata.
Gesù
dice(Giovanni 9,31): Ben sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma
se uno onora Dio e fa la sua volontà, Egli lo ascolta.
(Luca,6,46)Perché
mi chiamate Signore, Signore e non fate quello che vi dico?.
Il nostro
cuore è pronto a liberarsi da ogni preconcetto, da ogni intolleranza
e dallegoismo sociale e culturale? È facile, troppo di moda dire
parole e parole sulla pace, affermare principi universali, protestare contro
la guerra e lingiustizia; ma è molto impegnativa una scelta responsabile
che richiede rinuncia e superamento del nostro orgoglio e del nostro egoismo
per operare concretamente alla costruzione di un mondo che vive in pace.
Che posso
fare quindi io che ho scelto come maestro e amico Gesù, credo nella
sua parola, nella grazia dei Sacramenti e nella luce dello Semplici Riflessioni
Spirito?
Apro il Vangelo
e leggo le parole del Figlio di Dio(Luca,5)Udiste che fu detto: Amerai
il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici
e pregate per i vostri persecutori affinché siate figli del Padre vostro
che è nei cieli. Se voi amate quelli che vi amano, quale ricompensa
ne avrete? Sanno fare lo stesso anche i pubblicani. E se salutate i fratelli
vostri soltanto, che fate di straordinario? Non fanno forse lo stesso i pagani?
Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre che è nei
cieli.
E un
invito alla carità intesa come amore senza ritorno, un incitamento
ad una scelta coraggiosa, sicuramente contro la natura istintiva delluomo.
E troppo!
Quel Gesù che tanto mi ama mi chiede troppo: una perfezione come quella
del Padre che è nei cieli.
Rifletto.
Sarà difficile che possa giungere alla santità di Francesco,
di Ubaldo, di Maria Teresa e di tanti e tanti santi, ma cercherò di
impegnarmi per arrivare al livello di chi prova, alla luce del Vangelo, di
esaminare a fondo il proprio comportamento nei confronti del diverso,
di colui che viene considerato alieno per razza, religione e cultura,
che viene emarginato, rifiutato e respinto, comportamento che può suscitare
odio, violenza e un terreno fertile dove trovano seguaci i tantissimi Osama
Bin Laden di Oriente e di Occidente per il loro integralismo, per il folle
terrorismo e per la conquista del potere.
Con le mie piccole azioni quotidiane, alimentate dalla carità, posso
contribuire insieme a tanti uomini di buona volontà a costruire una
famiglia e una società in cui regni la giustizia e, di conseguenza,
la pace.
Non posso essere un grande architetto operatore di pace, ma un umile manovale
che porta granelli di sabbia e piccoli mattoni per ledificazione delledificio
della convivenza e della integrazione culturale, religiosa, razziale.
Rifletto sulle mie piccole azioni quotidiane positive, animate dalla carità,
e su quelle negative, ispirate dallindifferenza e dallintolleranza.
Le esamino e le metto a confronto.
Un diseredato lungo la strada tende la mano. Non lo guardo, passo oltre provando
rifiuto o indifferenza come il levita e il sacerdote della parabola del Buon
Samaritano. Al massimo, con grande sforzo e con freddezza, gli allungo una
moneta.
Invece mi fermo, lo saluto con un sorriso, ci parlo, gli faccio gentilmente
lelemosina che diventa carità.
Un negro, un diverso che forse è stato costretto ad abbandonare
la sua terra per fame e disperazione e ha bisogno di comprensione e solidarietà,
mi passa accanto. Non lo degno di uno sguardo e, se va bene, non lo osservo
con disprezzo, pensando che è un intruso ed è bene che se ne
torni da dove è venuto.
Invece mi fermo, lo saluto considerandolo un fratello sfortunato che ha ,
però, i miei stessi diritti.
Suonano alla mia porta. E uno dei soliti extracomunitari che cerca di
vendermi cianfrusaglie e cerca di guadagnare onestamente da vivere.
Non rispondo o, se lo faccio, con un comportamento, con uno sguardo che significa
scocciatore, compro qualche cosa per levarmelo dai piedi.
Invece apro, rispondo gentilmente, se posso soddisfo la sua richiesta con
carità, altrimenti gli chiedo scusa per non poterlo fare, lo saluto
con garbo.
Mi convinco sempre più che se sono azioni positive e di amore, così
come dice Gesù, purifico il mio cuore e la mia preghiera, per la pace
e la fratellanza, sarà soddisfatta dal Padre che è nei cieli.
Altrimenti il mio andare a Messa, il mio invocare: Signore, Signore,
il mio pronunciare, dando la mano a chi conosco: Pace e bene,
saranno azioni e parole senza suono, che nessuno vedrà e ascolterà.
P.P.
GLOBALIZZARE
LA SPERANZA
Intervista con Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum
È piccolino, Vittorio Agnoletto, ma staresti ad ascoltarlo ore, quando ti racconta di quello che Genova è stato,quando ti parla del padre di Carlo Giuliani o della notte alla Diaz. Quando ti racconta di come più di 100 associazioni e gruppi in Italia si battano contro ogni forma di sfruttamento del lavoro minorile, per garantire il diritto di asilo ai rifugiati, per la cancellazione del debito alle nazioni più povere. E così, dopo aver pranzato insieme,gli ho chiesto di raccontarci qualcosa, per capire cosa Genova è stato, nel bene e nel male, e soprattutto per renderci conto di quanto le problematiche che lì sono emerse, ci riguardano molto più che da vicino
Cosa ti è rimasto dentro, cosa si porta dietro Vittorio Agnoletto, quali sensazioni, stati danimo, pensieri, sono rimasti in te dopo tutto quello che Genova è stato?
Intanto rimane sicuramente un elemento di sofferenza:questo cè ed è inutile negarlo. Sofferenza per la morte di Carlo Giuliani, che è qualcosa che ci si porta dentro, indipendentemente poi dai dibattiti pubblici e da tutte le altre cose. Sofferenza per la violenza che si è sviluppata, per le ferite che ha aperto: abbiamo lavorato per più di un anno per arrivare a Genova con manifestazioni pacifiche e non violente e questo lavoro è stato schiacciato da una strategia precisa di una parte dello Stato che ha permesso e facilitato quello che è accaduto, ha permesso le incursioni dei black-block,li ha utilizzati contro il corteo pacifico. Grande sofferenza, dunque. Ma la seconda cosa che mi rimane è una fortissima speranza, che in questo momento è il senso anche della mia stessa vita. La speranza che quel patrimonio di idee, di unità che siamo riusciti a realizzare per Genova e a salvaguardare nel mese successivo non vada disper- so. La speran-za di riuscire a rimettere al cen-tro i contenuti.
Appunto a proposito di questo voler riportare al centro i contenuti, come si può riuscire secondo te a lavorare per calare un certo tipo di problematiche come quelle per cui il Genoa Social Forum si è battuto, nel nostro quotidiano, nella realtà di tutti i giorni, nella vita di una comunità come la nostra?
Occorre innanzitutto spingere sullidealità, sulla motivazione etica delle cose che facciamo:io credo che quando si forniscono una serie di dati precisi, difficilmente si possa trovare qualcuno che è in grado di fornire risposte diverse dalle nostre. Quando noi diciamo che ci sono un miliardo e duecentomilioni di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, proponiamo la tassazione delle transazioni finanziarie, proponiamo che il 7.5% del PIL sia destinato alla cooperazione internazionale, proponiamo lannullamento del debito estero. Quali altre proposte ci sono su questo terreno? Occorre riuscire a discutere di contenuti, dunque.
La seconda cosa da fare è riuscire a legare queste grandi tematiche globali alle questioni locali. Facciamo degli esempi: il ruolo delle multinazionali è anche quello anche di sfruttare milioni di persone, quello di produrre merci negli angoli più sperduti della terra pagando quattro lire a salario, non garantendo assistenza sanitaria né tantomeno sindacale. Queste merci, quando poi vengono vendute in Italia, divengono ovviamente concorrenziali con i prodotti fatti qui e producono di conseguenza anche disoccupazione. Ecco, noi dobbiamo riuscire a convincere i lavoratori che la battaglia per i diritti di coloro che lavorano in Thailandia, nelle Filippine, è una battaglia anche per loro, che se vedono rispettati i diritti di quei lavoratori là, vedranno anche nascere un meccanismo per cui i prodotti automaticamente avranno un prezzo diverso e non produrranno dunque più disoccupazione. E soprattutto, garantire la realtà del lavoro nel Sud del mondo significa garantire in investimenti, infrastrutture, in un modello di sviluppo finalmente autonomo, e quindi non solo più in elemosina.
Questa dunque è una battaglia che riguarda tutti, e può essere un primo ragionamento concreto da fare. Oppure, individuare sul proprio territorio aziende che pratichino una produzione eticamente responsabile io credo che ci siano moltissime cose che si possano fare sul territorio per non rimanere solo sui contenuti generali.
Un invito a globalizzare i diritti, le speranze, i sogni di ogni persona. Ma soprattutto a non lasciar correre via nulla, a far nostre le grida di chi soffre, a rendere concrete le battaglie nonviolente per chi reclama giustizia. Questo è quello che lincontro con Vittorio Agnoletto mi ha lasciato, e questo è quello che spero queste poche righe possano lasciare ad ognuno di voi .
Federica Grandis
Vittorio Agnoletto è nato a Milano nel 1958. Opera come medico presso unazienda metalmeccanica a Milano. Ha svolto ruoli di direzione politica nazionale fino alla fine degli anni 80 nei movimenti studenteschi e giovanili della nuova sinistra e ha partecipato per diversi anni ad associazioni del mondo cattolico democratico. Nel 1987 ha partecipato alla fondazione della LILA, la lega italiana per la lotta allAIDS, della quale dal 1992 è presidente nazionale. Dal 1989 ha coordinato i primi progetti italiani di riduzione del danno nel mondo della tossicodipendenza e della prostituzione. Dal 1993 allagosto 2001 è stato membro della Commissione Nazionale per la lotta contro lAIDS presso il Ministero della Sanità e del Comitato Nazionale di Coordinamento per lazione contro la droga istituito dal Dipartimento Affari Sociali della Presidenza del Consiglio. Collabora con lIOM - lInternational Organization for Migration , agenzia che opera in stretto rapporto con lONU - in interventi nei Balcani ed in Africa. E stato protagonista di molte battaglie in difesa dei diritti umani tra cui la clamorosa contestazione pubblica contro il Business dellAIDS. Nel gennaio 2001 è stato nominato portavoce della delegazione italiana al Forum Sociale Mondiale di Puerto Alegre ed è tra i protagonisti del movimento contro la globalizzazione neoliberista. |
GLOBALIZZAZIONE, QUESTA SCONOSCIUTA Se ne sente parlare praticamente dovunque, tutti pronti a condannare o a difendere, tutti comunque sempre pronti a dire la nostra. Ma
questa benedetta globalizzazione
che cosè ??. Chi
vi scrive ha partecipato ad una tre giorni di riflessione, o meglio,
di alfabetizzazione, organizzata dal Gruppo Abele di Don Luigi Ciotti,
durante i quali si è cercato di capire cosa effettivamente la
globalizzazione sia e quanto (ma quanto!!) ci riguardi da vicino. |
Accogliere laltro nella società multietnica
Da
tempo nella nostra Caritas parrocchiale era emersa lesigenza di organizzare
alcuni momenti formativi, nella convinzione che lurgenza con cui alcuni
problemi della società in cui viviamo si presenta anche nel nostro
ambiente esige una riflessione ed una presa di coscienza da parte di tutta
la comunità. In modo particolare, ci sollecitava a questa riflessione,
la presenza crescente di immigrati nel nostro territorio: in un numero sempre
maggiore, essi vengono infatti ad esprimere la proprie necessità anche
nel nostro Centro di Accoglienza parrocchiale, aperto ormai da parecchi mesi
tutti i martedì mattina. Presso la sala di S. Agostino,abbiamo dunque
organizzato un primo incontro formativo, aperto a tutta la comunità
parrocchiale e cittadina sul tema Accogliere laltro nella società
multietnica. Lincontro si è svolto in collaborazione con
lAzione Cattolica, la Cooperativa Il Gabbiano, il Gruppo
Operatori Culturali.
Hanno accolto generosamente linvito ad introdurre la nostra riflessione
il Prof. Roberto Gatti dellUniversità di Perugia e Don Elio Bromuri,
direttore del settimanale La Voce e presidente del Centro di Accoglienza
di Perugia che malgrado linclemenza del tempo, hanno tenuto fede al
loro impegno. Ha introdotto lincontro Pio Benedetti, coordinatore della
Caritas parrocchiale, che ha messo in luce la centralità del tema e
lesigenza di proporlo pubblicamente nella consapevolezza che la conoscenza
e riflessione sulle problematiche emergenti sono un aspetto fondamentale nella
ricerca di adeguate soluzioni sul piano operativo.
E poi intervenuto Roberto Gatti che ha affrontato il problema nella
sua dimensione sociale e politica, visto che la presenza, crescente, di immigrati
di origini, culture, religioni diverse ci pone di fronte ad una emergenza
nuova, che mette in discussione le basi stesse della nostra convivenza di
cittadini delle società occidentali. Accogliere gli immigrati, infatti,
non è solo un problema di cortesia, di calore umano, di concessione
di alcuni diritti sul piano civile; essa esige ed esigerà sempre più
nel futuro un qualcosa di molto più impegnativo, vale a dire un riconoscimento
di diritti anche nella sfera pubblica. In particolare, secondo Gatti, la sfida
che ci attende è quella di riuscire a coniugare e risolvere in modi
nuovi il rapporto tra uguaglianza e differenza, di cercare nuove strade, senza
sacrificare né i fondamenti dello Stato di diritto né i diritti
universali di ogni persona.
E poi seguito lintervento di Don Elio Bromuri che, come ci si
poteva attendere vista la sua ampia e profonda conoscenza del modo degli immigrati,
delle loro culture, delle loro religioni, ha posto con forza laccento
su alcuni problemi concreti che emergono nellincontro fra culture diverse;
ha messo in risalto la naturalezza, per così dire, con cui il cristiano
deve accogliere lo straniero secondo quanto presente nelle Scritture e secondo
lesempio di Cristo stesso. Nello stesso tempo ha però insistito
sullesperienza da parte nostra di conoscere bene, e non in modo approssimativo,
le differenza fra noi e chi ci vive accanto, con una cultura ed una religione
diverse. A noi credenti si chiede in sostanza di dialogare con gli altri a
livelli profondi, di vivere la nostra identità, di comunicare la forza
attrattiva di Cristo.
Lincontro è stato vivace e partecipato e ha visto la presenza
di numerosi operatori pastorali e del Vescovo Mons. Pietro Bottaccioli. Quel
che è emerso con forza è che una convivenza pacifica, arricchita
anche dalla presenza di componenti culturali diverse, esige un atteggiamento
di dialogo a tutti i livelli, fra noi e con gli altri, che sarà possibile
solo nella misura in cui saremo consapevoli della ricchezza, pur nella differenza,
di ciascuna identità ed appartenenza etnica, religiosa e culturale.
Ciò nella consapevolezza che ogni intolleranza, anche la nostra, è
spesso segno di fragilità e di debolezza e in ogni caso non serve a
risolvere i problemi. Lo spirito che ha animato tutti gli interventi è
stato molto costruttivo, con uno sguardo a queste emergenze, pur nella loro
complessità, nel segno della speranza di fronte alle nuove sfide che
ci attendono. Anna Maria Biraschi
Racconto
di un giovane della diocesi eugubina in missione tra i campesinos delle Ande
Peruane.
Il 21 luglio scorso, dopo un cammino di preparazione fatto di momenti di preghiera
e di lavoro qui in Italia, siamo partiti per il Perù.
Siamo stati 40 giorni sulle Ande e abbiamo speso un po del nostro tempo
lavorando per i campesinos.
Inizialmente abbiamo formato due gruppi. Il gruppo di Patara, con lobiettivo
principale di portare lacqua potabile nelle famiglie, e quello di Sanachgàn,
con limpegno di proseguire con laiuto alle famiglie povere, già
avviato dallattività delloratorio lì presente.
Io ho fatto parte del gruppo di Patara, un villaggio che dista 8 ore di cammino
dalla missione principale di Piscobamba.
Subito si sono presentate le prime difficoltà, le distanze innanzitutto,
con periodi di cammino estremamente lunghi e faticosi, poi laltura e
il fiato subito corto dopo pochi metri o piccoli sforzi, le condizioni precarie
a cui dovevamo adattarci (lacqua era poca e a volte bisognava attingerla
dalle stesse pozze a cui si abbeveravano gli animali, la cucina fatta solo
di tre grandi pietre messe per terra, il dormire in terra con linaspettata
compagnia di qualche topo
), fortunatamente abbiamo saputo subito adattarci
a tutto questo.
In realtà quello che abbiamo fatto è stato entrare nelle case
della gente, insegnare a pregare ai bambini, abbiamo cantato e giocato con
loro, abbiamo provato, non sempre riuscendoci a tendere la mano a chi chiedeva
il nostro aiuto. Io poi come medico ho cercato, con i pochi mezzi a disposizione,
di fare fronte alle esigenze di tipo sanitario delle persone del villaggio.
Quello che ci portiamo nel cuore non sono solo i volti delle persone e gli
occhi dei bambini, ma anche lopera dei sacerdoti e delle famiglie missionarie
che vivono lì, regalando ogni giorno la loro vita agli altri.
Vivere questi giorni, conoscere i poveri è stato un regalo bellissimo,
un regalo del Signore.
F.F.e G.B.
Cruda esperienza raccontata da un extracomunitario che, sicuramente, ci fa
conoscere e capire una realtà che forse a molti di noi sfugge o sembra
altra cosa.
Il pezzo è stato trovato su internet in una lista di discussione che
si chiama Gargonza.
Gianni Vantaggi
Vu
cumprà
Primo maggio. Questo giorno di folle che assalgono la città è
un buon giorno per me.
Qualunque cosa che sa di Venezia si può vendere. Anche se fabbricato
in Cina. Costato linfanzia di qualche bambina. Il mio borsone riparte
insolitamente semivuoto. Ed il mio portafogli pieno. Per una volta posso entrare
nellhostaria che ho sempre visto da fuori, affollata di veneziani allegri.
Entrando sento sospendersi i soliti commenti acidi sullo schifo che quelli
come me portano alla loro bella città. Penso che si scordano quanto
gli stessi veneziani hanno loro reso brutto il mercato riempiendo di magliette
e bandiere da football le bancarelle.
Mi concedo una coca. Seimila lire per un liquido alla spina che ne costa meno
di cento. Sul prezzo non cè trattativa ovviamente. Mentre bevo
alzo gli occhi e alla TV parlano di Emma Bonino. Sta facendo lo sciopero della
sete da 4 giorni e ripenso alla mia sete durata i giorni del viaggio fino
alla nave. La mano con il bicchiere di Coca si ferma. Nei miei occhi il sole
della pista, unico bagaglio un sacchetto mezzo rotto, lattesa del camion
che aveva una sola tanica dacqua calda e fetida per oltre 600 chilometri
di viaggio e la prima di tante liti coi compagni, per niente compagni, di
sventura. Non avevo scelta. Siccità e predoni avevano decimato i pochi
animali del mio villaggio. I pozzi avvelenati. Nessuno si occupava di noi,
superstiti per caso, il missionario che ci faceva visita era morto in un incidente
e il suo rimpiazzo si era ammalato e stava in chissà quale ospedale.
La vita in Africa dipende dalle cose più strane.. un insetto, un temporale
che tarda, un temporale che viene, un missionario che non arriva, una banda
di predatori se hai più pane di loro, il passaggio di unaltra
tribù e puoi trovare la tua famiglia a pezzi.
Ed è per questo che sono partito, sapendo di non tornare più.
Il giorno che della mia famiglia erano rimasti solo pezzi. Li ho visti solo
da lontano, tra il fumo che risaliva dalle poche cose infiammabili che ancora
ardevano.
Nessuno ha insegnato ad un Africano laddio alla sua terra, perché
la terra dAfrica non è tua anche se non ti abbandona mai, fai
parte di essa, degli alberi, delle sue ombre, delle sue notti. Cresci e vivi
con la paura in te.
Paura di tutto e di tutti. Paura dello stregone, della circoncisione, della
caccia, della guerra. Ho sentito gli europei parlare di mal dAfrica.
Benedeti come dicono qui a Venezia.
In fondo sono stato fortunato. Non so cosa mi ha portato nella città
più bella del mondo, per assurdo così piena dacqua che
la cosa diventa persino comica se penso che alcuni dei miei compagni di sventura
sono morti di sete in quegli infernali 600 chilometri. Ed era solo linizio
di un viaggio che non finirà mai.
Guardo gli uomini nellhostaria. Hanno chiuso le loro botteghe, come
me.
Solo che la mia sta in un borsone e deve sfuggire ai vigili. La loro sta in
una calle e deve sfuggire alla finanza. Abbiamo lo stesso destino in fondo.
Solo che loro stasera trovano una casa, forse una famiglia, una televisione
accesa, un letto. Un letto. Lho desiderato per due anni un letto, me
lo sognavo come quelli delle pubblicità ma il destino mi ha presentato
un materasso steso a terra in mezzo ai rifiuti e un odore di escrementi che
mai in Africa avevo sentito, neppure dagli elefanti.
Voglia di fuggire ma dove?
Nei campi di pomodori, rossi tra il verde come bianco era il cotone dei miei
avi americani. A legare ferri delle armature di un pilone dautostrada
a 70 metri di altezza. Sarebbe stato bellissimo se ci fosse stata una paga,
ma 14 ore di vertigini per 600.000 lire avrebbero ucciso anche un merdoso
elefante.
Ed ho imparato da questa gente, tra le tante cose, che sono un uomo, non una
bestia, per loro sarò brutto, nero come il carbone ma con un cervello
che vede, ricorda, pensa, soffre, ride, ama.
Lamore. Le nostre donne, se e quando arrivano qui, non sono per noi.
O se lo sono è solo per pochi. Nulla abbiamo di nostro, neppure la
vita.
Vedo donne bellissime, bianche, bionde, che si chinano sul mio negozio mostrando
i loro seni che a volte mi sembrano palpitare.
Vedo madri che accompagnano bambini e li distolgono dal guardare i nostri
oggetti.
Vedo vecchi col bastone che entrano nella banca dove ritirano la pensione
ed i loro occhi timorosi alluscita.
Loro un futuro ce lhanno, e questo rito ne fa parte, linsicurezza
di avere una fonte sicura di soldi. Dicono che è la restituzione di
ciò che hanno dato nella loro vita. Anche se alcuni non hanno dato
proprio nulla, se non il loro tempo, hanno sempre preso e continuano a prendere.
Pensare al futuro è per me come pensare al passato. Non so neppure
come sarà domani. se pioverà, se farà caldo o freddo
figurarsi vedermi da vecchio.
Se tra un mese camminerò su una spiaggia in mezzo a lucide donne in
topless ed i loro figli urlanti e arroganti. Se sarò rimpatriato verso
una patria che non esiste.
Non so neppure dove mettere i soldi che ho nel portafogli.. dovrò stare
sveglio come tutti quelli che come me hanno avuto una buona giornata.
Non potrei avere un conto corrente. Dicono che ci sono delle nuove banche
per noi. Ma ci vogliono i documenti. Senza documenti potrei solo versarli
i soldi. Ma a ritirarli..
Che idee sceme mi vengono in mente. La Coca fa il suo effetto. O sarà
leuforia di una giornata fortunata.
Se lo è stata non è per me, perché domani il grossista
napoletano vedendo che ho venduto molto mi chiederà più soldi
per la nuova merce. Noi neri trattiamo al ribasso, i bianchi con noi, sempre
al rialzo.
Uno dei tanti vù cumprà
Lo
scorso 3 novembre, la nostra chiesa di S. Agostino in Gubbio è stata
protagonista di un felice evento: la presentazione del libro-guida, raffinata
opera di Fabrizio Cece ed Ettore A. Sannipoli, affiancati dal fotografo Fabrizio
Calzuola e dalla direzione creativa di Federico Venerucci (GV & Partner).
Tutte le persone volenterose nella parrocchia si sono mobilitate per una buona
riuscita dellevento. Sono intervenute diverse autorità. Dapprima
il nostro vescovo mons. Pietro Bottaccioli ha salutato gli astanti auspicando
che loccasione segni linizio di una rinnovata e meritata attenzione
alla nostra bella chiesa. Lavesse mai detto! Un coro unanime si è
levato in suo accordo da parte degli altri invitati
cè
solo da sperare che questa volta tra il dire e il fare non ci sia di mezzo
il solito mare della burocrazia! La
vicesindaco dott. Palmira Barchetta ha proseguito raccontando i suoi trascorsi
giovanili nella parrocchia dove ha imparato principi universalmente validi
nella vita e nel lavoro. Le ha fatto eco P. Giovanni Scanavino, priore provinciale
degli agostiniani dItalia, richiamando tramite la bellezza ai valori
profondi della persona, spesso coperti da una coltre di quotidiana preoccupazione.
I nostri padri dellOrdine hanno voluto raffigurare la vita di Agostino
e dei santi che lo hanno seguito, allo scopo di fornire modelli di vita esempi
di cuori nostalgici ed assetati di Dio, centrati in ciò che davvero
conta e permane.
Belli anche gli interventi dellassessore alla regione Gianpiero Bocci,
di Giordana Benazzi, direttore storico dellarte per la sovrintendenza
dellUmbria e di Ettore Sannipoli, che hanno saputo introdurci al gusto
e allapprezzamento dei gioielli della chiesa.
Ora è a disposizione di tutti unopera di notevole levatura scientifica
e al contempo di gradevole stile divulgativo, che non solo contribuirà
a diffondere il valore artistico della nostra chiesa, ma anche costituirà
un ottimo strumento di catechesi e di formazione religiosa per quanti, leggendo,
scopriranno molte delle motivazioni e finalità che spinsero i nostri
predecessori a consegnarci un tale monumento di fede. Oltre al libro sono
stati stampati depliant e biglietti per corrispondenza, ulteriori strumenti
di rilancio di S. Agostino.
Tutto questo
perché?
I più maligni senzaltro potranno pensare ad interessi economici
o simili, lasciamoli pensare. Ma per i più vicini e sensibili, quelli
legati e dediti al bene della parrocchia, le parole spese dagli illustri ospiti
non sono scivolate via nel senso di vuoto e di inutilità. Un libro
darte, non per decantare il vano, non per distogliere il cuore dalla
dimensione religiosa né tantomeno per svendere una chiesa al prezzo
di un museo. Un libro darte, invece, per ritornare ad apprezzare il
gusto ed il significato del bello. Proprio in favore dello spirito delluomo.
Biblia pauperum era definita larte in passato: essa è un messaggero
divino; non soltanto uno stimolo del senso estetico, ma un richiamo dellanima
ai valori tanto delicati ed elevati del cuore, ben più importanti dellutile
e del tecnologico. La bellezza è un tema assai caro a S. Agostino,
il Dottore della Grazia e se un libro ci aiuta a riscoprirla
Deo Gratias!
Fra Francesco Giuliani
Intervista a P. Giustino PRIMA PARTE
Questa intervista è stata fatta dallavvocato Lamberto Padeletti, membro uscente del Consiglio Pastorale della Parrocchia di S.Agostino e missionario laico nella missione cittadina del Giubileo 2000.
D. A 5 anni dalla nomina a parroco di S. Agostino tentiamo di fare un primo
bilancio del tuo ministero pastorale.
R. Sono contento
di questa conversazione.
D.
Quale è stata la prima cosa bella che hai trovato in parrocchia?
R. La prima
cosa bella che ho trovato, venendo qui, è stata il calore con cui la
gente mi salutava, mi veniva a stringere la mano; naturalmente cera
un po di curiosità, ma quel presentarsi della gente, quella voglia
di conoscermi mi ha colpito.
D.
Quale è stata la cosa che ti ha dato fastidio?
R. La cosa
che mi ha dato fastidio, proprio a pelle, è che si fumasse dappertutto.
Un altro fastidio a pelle: i frammenti di calcinacci che cadevano dal tetto
allinterno della chiesa. Mi ricordo la prima eucaristia che ho celebrato
insieme con P. Renato sullaltare cera un tappeto di polvere che
proveniva dal tetto.
D.
Che parrocchia hai trovato allinizio del tuo ministero pastorale?
R. Io venivo
da un esperienza di sacerdozio vissuto in un santuario; era la prima
volta che mi trovavo alla guida della parrocchia. Per cui la scelta è
stata quella di entrare in punta di piedi cercando di conservare tutto quello
che cera, che era stato costruito dai sacerdoti precedenti, di capire
la realtà in cui mi trovavo. Questo è stato il mio lavoro nei
primi due anni di permanenza qui a Gubbio.
Una delle mie prime scelte che ho fatto è stata quella di curare la
presenza
dei bambini intorno allaltare perché durante le messe festive
non cera mai nessun bambino intorno allaltare. Ricordo, anche,
che era un via vai continuo di extracomunitari che chiedevano, a volte in
maniera arrogante, lelemosina. Questa esperienza mi ha fatto maturare
la convinzione che era necessario creare un gruppo caritas e che era pure
necessario trovare il modo di collaborare con le altre parrocchie per affrontare
insieme questo problema.
Siccome i locali della radio erano praticamente abbandonati e ridotti a magazzino,
mi venne lidea di trasformarli nella sede della Caritas parrocchiale
dove i laici avessero un punto di riferimento per aiutare la missione della
chiesa nel campo della carità.
D.
Come tu hai detto, essendo stato nominato per la prima volta parroco, quali
sono state le tue certezze e le tue preoccupazioni.
R. La certezza
con cui sono venuto qui era che stavo ubbidendo a quello che mi veniva chiesto
dai miei superiori; mi è stato chiesto di venire a Gubbio dallallora
provinciale P. Gianfranco proprio il giorno in cui avevo fatto i voti castità,
di povertà e di obbedienza il 4 ottobre, il giorno di S. Francesco.
Mi costò molto, umanamente, lasciare il santuario di Cascia e tutta
lattività che lì facevo. La certezza era che venivo qui
a Gubbio in spirito dobbedienza e di fede. E poi la certezza del mio
sacerdozio, cioè la certezza che dovunque mi mandavano volevo vivere
il mio sacerdozio. Di queste due cose ero sicuro dentro di me. Per il resto,
umanamente non mi sentivo attrezzato, per cui allinizio ho ascoltato
i laici che facevano catechismo, i ministri della comunione che cerano
allora, mi sono fidato di Umberto Caioli che curava la parte economica.
D.
A questo proposito, i laici che hai trovato: un giudizio.
R. Ho trovato
persone impegnate in parrocchia molto generose, soprattutto di una certa età,
pensionati che magari non avevano preparazione teologica e spirituale ma che
volevano bene alla chiesa, che erano capaci di sacrificio personale; mi riferisco
alle donne che facevano le pulizie della chiesa ogni settimana.
Notavo, però, un deficit di formazione nei laici i quali volevano bene
alla chiesa, si sporcavano le mani ma a volte con poca preparazione.
D.
In questo periodo alla guida della parrocchia, avrai preso molte decisioni,
alcune delle quali sicuramente non facili. Quali sono state?
R. La decisione
più grande è stata quella riguardante loratorio. Questa
vicenda sarebbe lunga da raccontare. In breve, quando siamo arrivati qui a
Gubbio io come parroco, P. Benedetto come superiore e vice parroco e P. Jhon
abbiamo trovato un oratorio lasciato a se stesso, ma non per cattiva volontà
di P. Renato o di qualcun altro. P. Renato negli ultimi tempi era solo qui;
portava avanti da solo la parrocchia. Almeno così ci è sembrato
a noi. Cera nelloratorio una specie di anarchia. Per cui ho cominciato,
daccordo con P. Benedetto, a riprendere le redini in mano ma siamo stati
percepiti come carabinieri e come i nuovi arrivati che avevano mandato via
P. Renato. Io invece ero venuto qui in obbedienza alla volontà di Dio.
Siccome poi dentro loratorio sono avvenuti episodi spiacevoli: si scommettevano
soldi, le bestemmie non ne parliamo, abbiamo convocato le famiglie e parte
del consiglio pastorale di allora ed abbiamo deciso di chiudere loratorio.
Tra tante polemiche da parte delle famiglie della parrocchia abituate ad avere
loratorio aperto tutti i giorni abbiamo preso questa decisione: è
stata la decisione più impopolare che ho preso. Però non mi
pare di averla presa avventatamente ma dopo ripetuti tentativi di scongiurare
la chiusura coinvolgendo le famiglie. Mi ricordo in un paio di riunioni che
abbiamo chiesto quali erano i genitori disposti ad aiutarci e veramente di
persone disponibili non ne vennero fuori.
D.
Che influenza hanno avuto nelle tue decisioni i laici che hanno collaborato
con te?
R. Se il
consiglio pastorale di allora avesse avuto forse più decisione, più
voglia, probabilmente avremmo potuto affrontare meglio il problema della pastorale
giovanile. Sulla vicenda delloratorio il consiglio pastorale assunse
una posizione di non immischiarsi troppo e quindi io feci affidamento sullaiuto
di P. Benedetto.
Sulla catechesi ai bambini ed ai ragazzi in preparazione alla prima comunione
ed alla cresima, ci fu unampia discussione in seno al consiglio pastorale
e con i catechisti stessi e ci furono posizioni divergenti. Cera chi
voleva uno stop di un anno della catechesi e dellamministrazione della
comunione e della cresima per dedicarsi alla formazione dei catechisti. Ora
che ci fossero carenze nei catechisti in termini di capacità, di preparazione,
eravamo tutti daccordo, ma interrompere per un anno lamministrazione
della comunione e della cresima non sarebbe stato compreso dalla maggior parte
delle famiglie che non frequentano la parrocchia; non sarebbe stato facile
spiegare quello che stava succedendo. Ed allora si prese la decisione di migliorare
la qualità della formazione dei catechisti e quindi di rinnovare con
gradualità la scuola catechistica. Fu molto di aiuto il corso per operatori
pastorali della diocesi per tutte le parrocchie dove hanno partecipato 25
persone di S. Agostino fra cui parecchi catechisti.
In parrocchia abbiamo cominciato ad organizzare incontri di formazione tre
volte allanno ed una giornata di ritiro spirituale. Nel frattempo, ho
cercato di inserire nel gruppo di catechisti qualche catechista adulto, che
fosse papà o mamma, come Frati Andrea e la moglie Sonia, De Gennaro
Gianluca e la moglie Anna.
Non grandi cose ma qualche piccolo segno di rinnovamento cè stato.
D.
Non pensi che ancora i laici della parrocchia hanno un residuale senso dinferiorità
nei confronti del sacerdote che viene messo sul piedistallo e a cui viene
delegato buona parte dellattività pastorale?
R. Sono pienamente
daccordo nel senso che linsegnamento del Concilio Vaticano II
non è ancora veramente penetrato nella vita quotidiana della nostra
parrocchia. Faccio un esempio: quando il Vescovo, in occasione del giubileo
del 2000, ci ha chiesto di far gestire ai laici la missione popolare attraverso
il porta a porta, lorganizzazione dei centri dascolto, è
stato evidente lo smarrimento dei laici. Lo stesso consiglio pastorale sembra
che non possa camminare se il motore non è il parroco; non dovrebbe
essere così. Un altro esempio forte, questa volta positivo, che mi
conferma in questa convinzione è stata lesperienza molto interessante
della pastorale dei fidanzati. Due o tre famiglie della parrocchia hanno accolto
il mio invito a darmi una mano in questo campo, si è creato, anche
grazie allaiuto dellUfficio diocesano per la pastorale familiare,
un gruppo di diverse famiglie che hanno fatto fare alla pastorale dei fidanzati
un salto di qualità. Le famiglie Grandis, Fagiani, Bazzucchi, Lina
e Luigi, Rodolfo e la moglie, hanno organizzato un corso di preparazione dove
oltre ai contenuti vi è stata unaccoglienza cordiale e calorosa
dei fidanzati i quali hanno avvertito la presenza di famiglie nella parrocchia
e non solo quella del sacerdote. Inoltre un salto di qualità come metodologia
e gestione degli incontri.
Un esempio, questo, che ci sta a dimostrare che se ai laici preparati viene
data una responsabilità pastorale le cose migliorano sensibilmente.
Però anche qui ci vuole gradualità sia perché i laici
preparati sono pochi sia perché la comunità cristiana ha bisogno
di fare piccoli passi per volta; messa davanti dun colpo a cambiamenti
repentini può trovarsi male.
Ora questa esperienza nuova della pastorale dei fidanzati va estesa alla pastorale
giovanile ed a quella familiare.
Padre
Giustino CASCIANO |
Que linda es Cuba
(II parte)
Con la seconda parte del racconto del mio viaggio a Cuba cercherò di
farvi dimenticare per un attimo i rigori del nostro inverno infatti: il ricordo
del calore, del carattere sociale e positivo degli abitanti, sono secondo
me lunica ricetta per vincere qualche momento di depressione per tutti
coloro che, come il sottoscritto, preferiscono alle attuali rigide temperature
il caldo sole dei tropici.
Come dicevo il popolo cubano è una esplosione di razze, si va dal nero
al biondo passando per il meticcio. Non esiste alcuna forma di razzismo, questo
ha fatto del cubano un popolo unico ed unito. Questa condizione si può
agevolmente constatare andando a visitare una scuola cubana. Il solito Giancarlo
ci fece partecipare alla donazione di una partita di penne e quaderni che
era riuscito a far pervenire dallItalia. Ebbene in questa maniera passando
di classe in classe in una scuola elementare abbiamo potuto ammirare la loro
organizzazione scolastica e la sana educazione impartita ai ragazzini, dove
il colore della pelle sembrava solamente dare più allegria alle scolaresche.
Per far fronte al duro embargo imposto dagli stati Uniti, da alcuni anni,
Fidel Castro ha aperto lisola al turismo e ha varato alcune riforme
di marca moderatamente liberista. Nel bene e nel male la rivoluzione ha aiutato
la cultura. Solamente nella capitale ci sono una cinquantina di compagnie
teatrali e altrettante di balletto e di folclore afro cubano. Senza contare
le decine di gallerie darte e di grafica. Ma è alla musica che
spetta la parte del leone. A Cuba su 12 milioni di abitanti ci sono 12 mila
musicisti professionisti. Inutile dire che nel corso nel nostro viaggio abbiamo
avuto modo di incontrare molti altri turisti italiani alcuni dei quali, i
più presuntuosi e superficiali, alloggiati in lussuosi hotel, di tutto
quello che ho appena detto hanno avuto modo di apprezzare solamente del loro
viaggio le favolose discoteche e le splendide ragazze dellisola.
Un vero peccato, fare tanta strada solamente per queste cose. Cuba è
lisola che non stanca mai, in 15 giorni ci ha sempre continuamente sorpresi,
e lavvicinarsi della data di partenza è lunica cosa che
riusciva a darci tristezza. Si è felici con poco a Cuba, si è
felici per il sole, per il mare, perché ogni giorno è uno spettacolo
nuovo da vivere, perché si è coinvolti e protagonisti e non
semplici spettatori. Chi dirotta su Cuba può far combaciare due passioni,
lirresistibile voglia di mare, che qui offre fondali multicolori, con
lamore per i ritmi della salsa, per il rum, per i sigari e le splendide
città coloniali. Di ritorno da Cuba ci si sente depurati dalle tossine
che inquinano la nostra vita quotidiana. Tutti buoni motivi per andare a Cuba,
da single, in coppia e con tutta la famiglia.
Hasta
siempre
Raoul Caldarelli
Cocktail consigliato CUBA LIBRE:
per prepararlo in casa ci vuole poco. E una bevanda dissetante fatta
con due ingredienti simbolicamente opposti: il rum trasparente, invecchiato
al massimo tre anni e la Coca-Cola. In questo cocktail vince lanima
americana: 2/3 contro 1/3 del liquore locale. Come tocco finale, una spruzzata
di lime o una fetta di limone.
La chiesetta della Madonna del Sasso, è incastonata, come una gemma,
nella gola tra il Cimitero e il Parco di Coppo, sulle rive del torrente Zappacenere,
che ha la sua sorgente a poche centinaia di metri più a monte.
Originariamente essa era una piccola edicola edificata a testimonianza di
un fatto prodigioso che vide coinvolto un cacciatore che era rimasto illeso
dallo scoppio del suo fucile e che per riconoscenza, dipinse, egli stesso,
limmagine della Madonna col Bambino su di una roccia, ed è da
questo che viene il nome: Madonna del Sasso.
In seguito ledicola fu ampliata e trasformata in chiesetta, anche per
altri fatti, che si dice siano accaduti successivamente, come quello del viandante
che sorpreso da una tormenta di neve, in piena notte, riuscì a sfuggire
alla tormenta trovando rifugio in quel luogo da cui aveva visto provenire
della luce data dallimmagine illuminata della Madonna, oppure il fatto
di quel contadino che percorrendo la stretta strada, in prossimità
della chiesetta, precipitò nel burrone sottostante, con carro e buoi
ma egli rimase miracolosamente illeso. Questi sono racconti tramandati da
generazioni che comunque fanno capire la grande devozione della gente per
questa immagine della Madonna dipinta sulla roccia, devozione che era manifestata
con la celebrazione in suo onore di una festa che avveniva nei primi giorni
di Settembre.
Negli anni 50-60 tale celebrazione cadde in disuso anche per labbandono
della zona da parte dei contadini. Nel 1981 la festa è stata ripristinata,
grazie ad un gruppo di persone della Parrocchia di S.Agostino soprattutto
del Crocifisso, che ha anche allestito, nelle vicinanze della chiesetta, un
piccolo parco, aperto a tutti, perché la gente vi si potesse ritrovare
in amicizia.
I miglioramenti apportati alla chiesetta e dintorni (tetto, impianto per lenergia
elettrica, tavoli, panche, ecc) sono derivati da quanto si ricava dalla festa
che ormai, tradizionalmente, si celebra la prima domenica di settembre.
Con grande soddisfazione, inoltre, il Comitato patrocinatore della festa è
riuscito a far eseguire il restauro del dipinto e della cornice dellimmagine
della Madonna del Sasso.
Tuttavia cè da aggiungere che purtroppo ultimamente sono avvenuti
dei furti da parte di ignoti, che hanno trafugato dallinterno della
Chiesetta: il fucile che scoppiò in mano a colui che costruì
ledicola e dipinse limmagine della Madonna e due angioletti in
legno posti ai lati dellaltare. Nel parco adiacente sono stati fatti
anche degli atti vandalici: rottura dei tavoli e dei sedili di legno.
Ci auspichiamo che queste cose non accadano più e confidiamo nel buon
senso e soprattutto nella buona educazione di chi frequenta questo luogo.
Arrivederci alla festa del prossimo anno, vi aspettiamo numerosi.
Il
comitato promotore della
Festa Madonna del Sasso
Un
Doposcuola a Gubbio ispirato a
Don Lorenzo Milani
A partire da ottobre di questanno a Gubbio in via del Borghetto n°9(
Madonna del Ponte) inizierà un Doposcuola per bambini e ragazzi delle
scuole elementari e delle medie ispirato allo stile e alle intuizioni contenute
nellesperienza educativa di Don Lorenzo Milani. Il Doposcuola che si
svolgerà dalle 15.00 alle 17.45 di tutti i giorni della settimana (
esclusa la domenica), sarà diviso in due momenti: il primo dedicato
ai compiti scolastici e il secondo dedicato al gioco e allanimazione
dove gli educatori insieme ai bambini e ai ragazzi, tenteranno di dare vita
a un modo nuovo di fare scuola.
Ispirarsi alla scuola di Barbiana non significa certo avere la pretesa di aver capito o di possedere quanto Don Lorenzo Milani diceva e scriveva circa il complesso e affascinante mondo della scuola ( operazione questa che richiederebbe più vite di studio e di esperienza insieme ai ragazzi), bensì significa avere il desiderio di tentare un percorso e uno stile ben precisi, che testimonino unattenzione particolare al ragazzo, al suo mondo e a quanto accade intorno a lui e a chi, accanto a lui, si propone come educatore. Tentare questo passo del Doposcuola non significa essere pronti ad insegnare qualcosa, ma avere il desiderio di continuare a scoprire insieme ai ragazzi e alle ragazze la realtà delle cose e delluomo. Significa dare ai ragazzi degli strumenti per orientarsi nella vita di tutti i giorni, sforzarsi ad ascoltarli, proponendogli delle soluzioni ed accogliendo le loro. Significa, per noi che ci impegneremo in questavventura educativa, metterci in gioco, concepire la cultura non come un complesso dinformazioni e di nozioni da insegnare, ma come un qualcosa di vivo da costruire insieme. Lo stupore e la meraviglia, infatti, con cui i bambini guardano le cose diventano, in questa prospettiva, una scuola di vita per noi che ci proponiamo come educatori, con le nostre competenze e la nostra preparazione.
Oltre la didattica e il metodo mi sembra importante che leducatore diventi prima che maestro, un esempio visibile ( un testimone mi verrebbe da dire) in cui il ragazzo possa rispecchiarsi in tutta quella serie di attività concrete che formeranno il pomeriggio del Doposcuola. Scrivere e leggere accanto ai ragazzi e in questa vicinanza far percepire la propria conoscenza dei libri, giocare e saper trasformare in gioco messaggi altrimenti improponibili e inventarsi attività pratiche (lavorare nellorto, cucinare o gite turistiche) che facciano scoprire il senso e il valore di quanto si legge sui libri, sono solo alcune soluzioni in cui bisogna perfezionarsi per appassionare il ragazzo al mondo della scuola. Ma non sono le uniche. Accanto a queste, lattività principale, potrei dire lo spirito di questo Doposcuola, è nel tentativo di far percepire al ragazzo il valore che essere soprattutto buoni è più importante che essere belli, forti e competitivi; il valore della collaborazione, dello stringersi la mano prima e dopo una partita e di tutti quei gesti che simbolicamente ci ricorderanno il legame di amicizia grazie al quale ci troviamo insieme, dovranno progressivamente, senza moralismi, ritornare ad essere consuetudine quotidiana e abitudine di vita.
Questo
progetto nasce ed è promosso dal centro di animazione socio-culturale
Civiltà Etica, dagli abbonati alla omonima rivista e da
quanti la vorranno sostenere.
La merenda pomeridiana offerta ai ragazzi sarà fatta con i prodotti
del commercio equo e solidale e dellagricoltura biologica. Tutto il
materiale didattico ( fogli, pastelli, quaderni etc.) è composto dai
lavori della Cooperativa Il Papavero di Bolzano, che si occupa
da diverso tempo della distribuzione e produzione di prodotti ecologici di
cartoleria. Per ecologico sintende un prodotto riciclato al 100%, la
cui produzione abbia il minimo impatto sullambiente.
Gianluca De Gennaro
Per
informazioni:
tel. Centro animazione socio-culturale
Civiltà Etica 075-9271421 (con segr. Telef.)
oppure cell. 340-2508591
Spesso
gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio ad averla
piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io
precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la
domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare scuola, ma
solo di come bisogna essere per poter fare scuola. Bisogna essere.
Don Lorenzo Milani |
Tu-Fu
è un poeta cinese vissuto nel 800 dopo Cristo. E definito il
poeta del dolore, perché la sua poesia nasce proprio dalla personale
esperienza di sofferenza.
In questa poesia che viene riportata qui, egli parte sempre dalla sofferenza
per portare, però, un messaggio di speranza attualissimo ed auspicabile
ancora oggi.
Oh! se invece degli strumenti di guerra
per uccidersi, per arrecare dolore, gli uomini,
costruissero attrezzi da dare ai contadini!
Ora
sentiamo i pianti
vediamo le lacrime
per i soldati eroici morti.
Se invece delle spade si facessero aratri e altri attrezzi!
Allora
vedremmo uomini
che cantando felici,
coltivano la terra.
Allora
sentiremmo le risa delle donne
che, felici, raccolgono i frutti
del lavoro delluomo
Ma
perché in una vita già amara
luomo non la addolcisce,
invece di renderla ancora più amara?
Dopo milleduecento anni ci chiediamo ancora perché sperperare risorse
immense per strumenti di guerra invece di impiegare queste risorse per alleviare
le sofferenze dellumanità.
E così difficile sperare in un mondo senza guerre, senza odio,
senza malattie?
E così difficile avere fiducia negli uomini?
E così difficile sperare in un mondo migliore?
Gianni Vantaggi
Ho appena finito di leggere il n. 7 di quattrochiacchiere e voglio farvi i
miei più sinceri complimenti per gli argomenti e la qualità
con cui vengono trattati. Bravi davvero non mollate nonostante le difficoltà
che giustamente e che magari un giorno potrebbero spingere anche me a darvi
una mano. Colgo loccasione per portare un piccolo contributo prendendo
spunto dallarticolo di Federica spostando lattenzione ai bambini,
dettata forse anche dalletà dei miei figli.
Un giorno durante lora di catechismo, parlando dei dieci comandamenti
è emersa una realtà che già da tempo intuivo ma che non
pensavo fosse così preoccupante. Parlo della televisione e dei programmi
che vengono trasmessi. Infatti durante questora appunto parlando di
non uccidere, non commettere atti impuri e non desiderare la donna daltri
è emerso che questi bambini di appena undici anni vengono bombardati
quotidianamente e a qualsiasi ora del giorno, anche in pieno pomeriggio quando
molti ragazzi possono trovarsi da soli in casa, da immagini di una violenza
inaudita e immagini, scusate lespressione esagerata, ma che io definisco
pornografiche, e sicuramente prive di buon gusto ed altamente
volgari.Sicuramente tutto ciò turba e diseduca fortemente i nostri
bambini e la conferma di quanto penso e scrivo lho avuta lunedì
sera guardando una trasmissione su Rai Due dove si cercava di dare una spiegazione
logica ai fatti accaduti a Novi Ligure, e non solo purtroppo. A questa trasmissione
erano stati invitati Psicologi, Filosofi, Avvocati, Pedagoghi e anche un Sacerdote
il quale dopo aver ascoltato i pareri di tutti ha detto che tutta questa violenza
e sesso trasmesso dalla televisione turbano enormemente la psicologia e lanima
dei bambini / ragazzi e che li spinge a non avere più emozioni di nessun
genere e soprattutto la cosa più drammatica che non sono più
in grado di distinguere il bene dal male. Pensate ogni ora, tra tv private
e pubblica, vengono trasmessi 3 delitti. Tutti i presenti hanno riconosciuto
che lanalisi del sacerdote era giusta ed ineccepibile. Detto ciò
penso che sia importante sul giornalino segnalare sia ai ragazzi sia ai genitori
la gravità del problema e magari inserire dei suggerimenti su quali
programmi da non vedere e segnalare attività, divertimenti alternativi
alla televisione. Anche io grido il mio non ci STÒ ad uniformarmi a
questa cultura e a questa mentalità del non si può far nulla
per cambiare le nostre abitudini ed il nostro modo di vivere.Un ultima riflessione:pensavo
anche a quanti asseriscono che i preti sono noiosi, ripetitivi,
superati nelle loro prediche e consigli; ma alla fine tutti devono
riconoscere che i Ministri di DIO, pur essendo essi degli uomini con dei pregi
e difetti, con una propria personalità, sono depositari della VERITA
e che vogliono solamente il nostro bene lasciandoci comunque la libertà
di scelta. Dobbiamo soltanto imparare, come ha detto Padre Massimo in occasione
delle catechesi tenute a SantAgostino nelle quarantore, a non farci
condizionare dai nostri sentimenti umani, ma dallamore di Gesù
che vuole soltanto ed esclusivamente il nostro bene. Vi chiedo scusa per il
mio italiano imperfetto, ma spero di avervi trasmesso le mie preoccupazioni
ma anche la forza di non rassegnarmi, tantè che proprio ieri mattina
mentre accompagnavo a scuola mia figlia, alla sua domanda di come possiamo
far smettere questi programmi sciocchi, ho risposto che nessuno, soprattutto
a noi genitori, ci può togliere il dono più grande che ci ha
fatto GESU: la libertà di scelta e la capacità di scegliere
il bene dal male anche se questo delle volte richiede dei sacrifici e qualche
sofferenza. Grazie ancora e Buon Natale.
Francesco Piccotti