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Anche il nuovo vice
parroco Padre Giuseppe ci ha scritto "due righe": "Ed è andata
così, dopo tante reticenze, dopo tanti se e tanti ma, alla fine ho
dovuto cedere a quell’Obbedienza alla quale tengo tanto ma che mai,
fino ad ora, mi era costata così tanto e dunque eccoci a Gubbio,
questa città vista, in passato, solo di sfuggita, solo di passaggio,
con un traffico consistente e con i suoi semafori perennemente rossi;
ci si passava per andare a Roma e niente più; c’era la fama della
festa di S. Ubaldo che poi si concretizzava con la corsa sfrenata dei
Ceri su, su fino alla cima del Monte Ingino dove il Convento dei Padri
Francescani conserva gelosamente il corpo del “Vecchietto”, così amano
bonariamente chiamare gli eugubini il loro patrono. Da lontano un
grappolo di case incastonate nel verde della montagna e, in mezzo a
questo grappolo di pietra bianca, si erge, maestoso e un po’ borioso,
il Palazzo dei Consoli che cerca di far bella mostra di se con il suo
campanile troppo piccolo rispetto alla mole possente della
costruzione; inerpicandosi però sulle sue stradine – tutte in salita –
si rimane colpiti dal silenzio, un silenzio strano, particolare, che
non incute paura o timore ma rispetto per la vetustà che si è chiamati
a constatare ed ammirare nelle sue abitazioni tutte piene di vita, ma
una vita laboriosa nel silenzio dove le parole sembrano sussurrate e
non si percepisce il vociare di comari che si chiamano da una finestra
all’altra o da un balcone all’altro, ci si parla e basta, ci si
intende e basta; altra grande impressione in questo silenzio parlante
è lo scampanio che dai vari campanili, all’improvviso, ti piove
addosso con un’armonia e un senso di pace che ti fanno spuntare due
lacrimoni; anche le automobili passano silenziose, di clacsons neanche
a parlarne, magari si fermano e aspettano che tu ti sia scansato ma
non fanno rumore; io Gubbio, la definirei la città del silenzio
parlante. Altra grande caratteristica di Gubbio e non solo, sono delle
porticine alte alte e strette strette; chi non lo sa si chiede a che
cosa possano essere mai servite, in passato, dal momento che ora sono
quasi tutte chiuse, murate; e sì, è vero, è una caratteristica strana
che si ritrova soltanto in Umbria e in qualche paesino delle Marche al
confine con la stessa Umbria; queste porticine sono le “Porte del
Morto” chiamate così perché venivano aperte soltanto in occasione di
qualche funerale e per far quindi passare la bara che usciva di casa:
serviva solo a questo uso perché poi veniva subito richiusa fino al
funerale seguente. Ma passando per le sue viuzze si sente ancora, come
una volta, il profumo della cipolla e dell’aglio che la massaia fa
soffriggere nell’olio d’oliva locale che si rende indispensabile per
preparare il sugo che poi servirà a condire le tagliatelle fatte, come
una volta, rigorosamente a mano e con il matterello. Gubbio si sforza
anche di essere una cittadina moderna con i suoi alberghi a cinque
stelle ma i nomi degli alberghi stessi ne tradiscono le sue origini
medievali: “Hotel Bosone”, “Hotel S. Marco” , “Albergo dei Consoli”,
“Hotel Montefeltro”, e sì, perché il grande Duca Federico II di
Montefeltro è nato qui perché il Ducato arrivava fino a Gubbio e
comprendeva anche tutto il suo circondario fino al arrivare
all’Abbazia di Camporeggiano proprio nel fondo della Valle Tiberina.
Ecco quindi Gubbio signora della valle che da metà montagna sembra
controllare il traffico che rumoreggia ai suoi piedi ma che non
intacca il suo sacro silenzio fatto di profumi di voci sommesse, di
aria pulita e di tanta pace. Io sarò chiamato a vivere questa realtà;
ne sarò capace? Saprò apprezzare e valorizzare ciò che questa gente
semplice saprà darmi? Non lo so, io so soltanto che a dispetto di
tanti, come sempre, ce la metterò tutta, il resto lo lascio fare al
buon Dio!" |
